In Toscana, in una cappella trecentesca a San Galgano, insieme ad alcuni affreschi di Ambrogio Lorenzetti, sono visibili in una teca blindata, gli scheletri delle braccia e delle mani che la leggenda vuole fossero di uno degli immeritevoli che tentarono di estrarre dalla roccia la spada di San Galgano.
Le analisi chimiche condotte da Maurizio Calì e Luigi Garlaschelli ci dicono che quelle ossa potrebbero risalire al XII secolo. E proprio questo si rivelerà tra i collegamenti portanti che legano San Galgano al mistero di Re Artù e della Tavola Rotonda; Esisterebbe quindi un collegamento tra San Galgano e Re Artù tra i tanti indizi, intanto il nome, asseriscono alcuni ricercatori, Galgano, tanto simile a Galvano, uno dei cavalieri della tavola rotonda. E poi i collegamenti, risaputi e riscontrabili dai record storici tra la Toscana della valle del Merse, dove passava la via Francigena, e la Francia medioevale di Chrétien de Troyes, il grande autore del ciclo arturiano.
A far portare nella patria di Chrétien de Troyes la storia di Galgano sarebbe stato un altro eremita, Guglielmo di Malavalle; secondo alcuni studiosi storici, Guglielmo di Malavalle potrebbe essere non soltanto di origine francese ma uno dei Re di Aquitania.
La originale leggenda della spada nella roccia sarebbe dunque nata in Toscana alla fine del 1100 anche se secondo la leggenda conosciuta, Re Artù sarebbe vissuto molti secoli prima.
Certamente l'allegoria della spada nella roccia é molto evocativa e senz'altro uno strumento estremamente potente, proprio per i viscerali archetipi che ne originano la simbologia.
Ogni simbolo ed ogni allegoria vanno osservati e meditati come un prisma dalle infinite facce, il quale può offrirci verità anche diverse, che possono essere molto varie e non necessariamente connesse tra loro, se non per essere suggerite dallo stesso simbolo; quindi una interpretazione singola quasi mai é sufficiente a tirare le proverbiali somme o a chiudere l'emblematico cerchio.
In questo caso specifico, la spada nella roccia, può evocare la nostra natura più intima, autentica e profonda, che tentiamo di fare emergere, portandola in superficie, ma per fare questo, dobbiamo combattere con la nostra stessa razionalità, che da arma al nostro servizio, affinata negli anni, può diventare, in certe situazioni, quando tentiamo di superare certi limiti interiori, un pantano di condizionamenti mentali, culturali e psicologici che in certi ambiti, non svolgono più la funzione di proteggerci e guidarci nel mondo quotidiano, ma rischiano di limitarci attraverso la nostra stessa razionalità, che inseguendo una coerenza, può fatalmente circoscrivere i nostri orizzonti interiori, rischiando di compromettere evoluzioni realmente radicali anche quando potrebbe esservi fondata ragione ed i mezzi interiori per operarla.
Questo conflitto, generato dall'attrito di questi automatismi interni in contrapposizione con la fluidità della evoluzione di consapevolezza e della pura intuizione, é ben rappresentato dalla spada nella roccia, che cerca di emergere in superficie, superando l'attrito della roccia.